- Nadia Nunzi
Confidenze - Stavolta scelgo me
«Una ciotola di plastica sbiadita tracima di fagiolini turgidi e brillanti, appena raccolti.
Mia madre ĆØ accanto a me e le mie gambe magre penzolano sotto il tavolo.
Ā«Maā io mi annoio, che faccio?Ā»
«Tu ti annoi e io invece ne devo sbrigare troppe. Aiutami, no?»
Sbuffo ingrata con la mia insolenza di adolescente irrequieta, scosto la sedia, mi alzo e me ne vado in camera mia. Di togliere le estremitĆ a quei cosi non se ne parla e di diventare una brava casalinga non me ne importa affatto.
Io voglio andare fuori a vedere il mondo. Chiusa non ci riesco a stare e la città piccola, in cui vivo, mi va più che stretta.
Accosto la porta della mia stanza e mi butto sul letto sfatto a pancia in giù, affondando il viso scarno e latteo sul cuscino, poi mi volto e fisso il soffitto svogliata e impaziente.
I seni appena abbozzati sotto la maglietta stretta e una voglia estrema di vederli prendere forma, diventare dettaglio puro di dipinto di donna.
Afferro il giornaletto appoggiato sul comodino e guardo perplessa il lupo azzurro che se la ride ad ampia mascella e lo sfoglio fino allāultima pagina.
Beato lui, penso. Io mi sento cosƬ triste, sola e fuori posto, che di ridere proprio non mi viene.
Rileggo lāannuncio che ho cerchiato la sera prima e decido di rispondere.
Una ragazza, appena un poā più grande, in cerca di amiche di penna, che abita a pochi chilometri da casa mia. Penso sia perfetta per alleggerire il mio tedio, magari per farlo del tutto sparire. Ma non so ancora nulla di tutto ciò che quella corrispondenza mi chiederĆ in cambio. NĆ© che sarĆ tantissimo.
Adoro scrivere e ho bisogno di attenzioni. Quel baratto dolce di missive, scritte con una calligrafia minuta, precisa e colorata, mi dĆ un senso e probabilmente mi regala anche il sorriso che cerco. E questo mi basta per proseguire, per addentrarmi nel viaggio dellāamicizia storta, quella che ti fa deragliare, che ti strappa persino le radici.
La mia vita credo inizi a cambiare da quel momento. Da quellāincontro apparentemente banale a quindici anni. E se penso oggi, agli occhi verdi screziati di Greta ci trovo dentro lo stesso magnetismo di quelli di lui: Sajmir, il ragazzo avvenente che una dozzina di anni dopo mi affascina con le stesse cose, infondendomi tutto ciò che manca: il coraggio, lāincoscienza di certi gesti, lāamore.
Sono occhi diversi ma che racchiudono i medesimi e pericolosi intenti. Occhi intrisi di rabbia che hanno sete di riscatto, che appartengono a due persone che vogliono entrambe usare la mia ingenuitĆ per aggiustare la loro vita sporca.
Dodici anni per rivivere un fin troppo simile attaccamento. Almeno unāaltra buona metĆ per capire che unāamicizia sbagliata può trascinarti, quando meno te lo aspetti, dritta verso lāamore sbagliato, quello che distrugge, che non arricchisce. Che mortifica.
Il legame tra me e Greta diventa subito potente, sāintreccia con la velocitĆ di una sciarpa lavorata a maglia che nessuno sarĆ in grado più di districare.
Iniziamo a vederci ogni giorno, a vestirci uguali e il nero dei suoi abiti ben presto diventa anche quello dei miei e assorbe ogni colore della mia identitĆ .
Anche qui, se penso alle gonne lunghe e ai vestiti castigati che Sajmir māimponeva dāindossare mi passa un brivido.
«Tieni, metti questa, te la regalo», mi dice Greta porgendomi una delle sue maglie slabbrate extra large.
«A che ti serve scoprire la pelle ora che stai con me?» dice Sajmir qualche tempo dopo.
Lāimmagine che mi rimanda lo specchio della stanza di Greta, minuscola accanto a lei, ĆØ distorta. Quella che mi rinfacciano le pareti lucide del mio armadio per due, pure.
Ci sono sempre io, in tempi diversi, a disagio, in uno stesso corpo che scompare sotto stoffe scure e inadeguate.
Un corpo che non si ribella perchĆ© in fondo gli piace condividere tutto con unāamica speciale, come sorelle e in seguito sentirsi protetto da un ragazzo giovane che sembra avere in tasca la chiave della felicitĆ .
Ć un corpo ingenuo, che travisa lāamore, impastato di un bene apparentemente salvifico,
che disarma. Me, non gli altri. Un bene troppo grande da essere incapace di vedere le cattive intenzioni di chi mi circonda, che screma tutto, che giustifica. In grado inoltre di farmi dimenticare presto chi sono realmente.
Lo faccio con lei, lo rifaccio con lui. Semplicemente aggrappandomi a un nuovo corpo.
Io e Greta nel giro di pochi mesi iniziamo a parlare lo stesso slang, ridiamo allāunisono e diventiamo inseparabili. Una vita in simbiosi pericolosissima, troppo complice, che mi fa sembrare invincibile anche se sono il più piccolo dei molluschi senza guscio. Carne viva, scoperta e vulnerabile. Assolutamente corruttibile.
Darei in cambio qualsiasi cosa pur di provare unāemozione e di sentirmi amata. E lei lo sa e Sajmir pure. La mia fragilitĆ e lāingenuitĆ sono la loro forza.
Il mio bene incondizionato e giovane, anche.
Ma loro cosa provano? Frustrazione? Invidia? Malessere? Non sono abbastanza abile da capirlo. Ne con lāuna nĆ© con lāaltro. Mi servono parecchi anni per riuscirci e sicuramente anche il sangue vivo di qualche ferita.
Con lei entro in discoteca che sono appena maggiorenne, ci beviamo un drink alcolico, respiriamo fumo a colpi di tosse, ci graffiamo via dal corpo quellāetĆ bambina, che ci appare cosƬ scomoda, il prima possibile. Ma se Greta ĆØ pronta, io non lo sono ancora.
«Vieni» mi dice. «Ci divertiamo, insieme possiamo tutto e presto non saremo più invisibili.»
E gli sguardi, infatti, giorno dopo giorno e, mese dopo mese, arrivano ma sono mirati a corpi, non entrano in profonditĆ , o solo per quel che al momento serve.
Io mi fido ancora, la seguo. Credo davvero di aver trovato la mia guida, il mio porto sicuro e quando quegli sguardi addosso arrivano e le mani pure, il pensiero che lei abbia ragione si fortifica e ramifica dentro di me.
A scuola non ci vado più, Greta dice che non serve e poi là dentro mi sento soffocare.
Ā«Se non ti rafforzi, il mondo lĆ fuori, ti sbranerĆ Ā», dice la mia insegnante di italiano lāultimo giorno, ma non mi indica la strada da percorrere e non mi dĆ nessuno strumento per disintegrare le mie insicurezze. Nessuno scudo per difendermi e nessunāarma per lottare.
CosƬ abbasso lo sguardo un poā contrariata e un poā timida e seguo prima Greta e anni dopo Sajmir, senza comprendere che non spetta certo a me ricucire i loro strappi.
Io rammendo loro e sdrucisco me, mentre la vita scorre rapida come una pellicola cinematografica mandata a doppia velocità , perdendone il senso, i dettagli, le emozioni, le sfumature⦠ogni cosa che serve per costruire una trama degna di essere raccontata.
Quando mi accorgo dei titoli di coda, di colpo sono donna e sia lei che lui non ci sono più. Li ho mandati via, consapevole e fiera, e sono finalmente pronta per ricominciare da me e per dipingere quel corpo bello che volevo. Stavolta unicamente a modo mio.» @ Nadia Nunzi