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  • Nadia Nunzi

Proiezioni pericolose


Storie vere. Uomini. Dipendenza affettiva.

Questa è la storia di un Uomo che ha subito manipolazioni da parte di una donna.

Il Blog resta al femminile ma non per questo voglio escludere la voce maschile di chi ho avuto modo di conoscere e che mi ha scritto con il cuore, mettendo a nudo la propria anima in maniera sincera.

Era un inizio di aprile. Era Pisa. Erano tre notti in un B&B del centro.

Era lei, sconosciuta ma conosciuta anima in tormento.

Ero io, quell’io che ora fatico a ricordare e che bramo di ritornare a essere.

La distanza fa sì che ci siano mesi e mesi di telefonate, di messaggi, di chat, di notti passate a dialogare e a scriversi. Fino a che decidiamo di trascorrere un fine settimana insieme.

Di persone con cui ci si intende al mondo ce ne sono davvero poche, quindi quando ne trovi una, fanculo il resto, fanculo la distanza, fanculo tutto. Quando succede, uno parte e va. Così facciamo. Un posto al centrocampo, neutro, dove entrambi vogliamo andare e che vogliamo vedere. Pisa. Più o meno equidistante da Asti e da Senigallia.

(Io non sapevo nemmeno dove fosse Asti prima di conoscerla e lei probabilmente non sapeva dove fosse Senigallia prima di conoscermi. Abbiamo in fondo studiato geografia per la nostra relazione.)

Il destino. Chissà se esista veramente. Ora do la colpa al destino, mentre mi rimbocco le maniche e mi metto a lavorare per ricominciare da capo, per raccattare i pezzetti di personalità sparpagliati sul pavimento e per rimetterli insieme.

Il B&B. Già da lì parte il destino. Da un fine settimana lungo di inizio aprile che apre una staffetta di altri numerosi fine settimana.

B&B, letti disfatti e passeggiate in città, a Bologna, Parma, Reggio Emilia, Padova… fino ad alcuni giorni in pieno agosto in cui lei viene da me e passa le vacanze da me. Conosce i miei amici. Vive da me per qualche giorno e conosce cosa faccio nella mia vita. E di nuovo fine settimana in giro per il centrocampo. Altre camere e lenzuola umide dall’accento emiliano e romagnolo.

In pochi mesi siamo già organizzati per vederci quasi tutti i fine settimana, per la bellezza temporale di oltre due anni.

Posso dire con assoluta certezza che una storia a distanza, per quanto difficile, sia possibile.

Comporta delle rinunce ma non più di altre vivendo sotto lo stesso tetto.

Il problema distanza è nulla di fronte al problema amore malato. Sì, perché seppur euforico e intenso, si tratta solamente di un amore malato.

Un amore perverso, nevrotico, possessivo, contagiato.

Ora posso dirlo, ne sono consapevole. Prima non me ne rendevo conto.

Ero totalmente (o comunque in buona parte) dipendente da lei.

Negli ultimi periodi la relazione va scemando, lei si distacca da me. Probabilmente in reazione a una mia rinata ricerca di autonomia.

Inizio ad alzare un po’ la testa, a prendere le mie decisioni, a ridarmi amore.

Mi rendo conto che da quando sto con lei non mi voglio più bene.

Ogni azione la faccio in relazione al pensiero di lei.

Chissà se questo le va bene.

Chissà se faccio quest’altro se si arrabbia.

E via dicendo.

Ogni cosa la faccio aspettando prima la sua supervisione.

Lei lo sa benissimo e ci gode. Le piace gestire questo suo possesso, implementandolo e rinforzandolo sempre di più.

Tutto inizia a cambiare proprio quando io, oramai stanco, stremato, non so come, mi rendo conto di dover fare qualcosa per cambiare questa modalità relazionale malata.

E così inizo a dire la mia, a parlare dei miei bisogni, di cosa vorrei fare, delle mie decisioni di lavoro, delle mie necessità e passioni. A lei questo non va giù.

Io comunque sono immerso in lei. Anche se avverto che il rapporto è strano non riesco ad andarmene e non penso nemmeno di farlo.

La mia vita è proiettata su di lei e ha senso solo con lei. Però mi sento in colpa per qualsiasi cosa. È lei a farmici sentire. Accusandomi sia di fare che di non fare. Di essere troppo euforico in alcune sere e troppo silenzioso in altre. Di essere uno scansafatiche un giorno e di lavorare troppo in un altro.

Alla fine, a ogni litigio, essendo talmente stanco inizio sempre dicendo:

«Tanto lo so che sono sbagliato. Dimmi cosa ho fatto di male stavolta.»

Una delle cose che ora mi rendo conto di aver vissuto è la continua proiezione di lei su di me. Praticamente prendo le colpe che lei mi proietta.

Io sono molto attivo, socievole, da sempre. Suono con vari gruppi e conosco molta gente.

Lei l’opposto. Pigra, con pochi amici e con la necessità costante di dormire.

Per me comunque nessun problema.

Quando nel week end resta a letto fino a mezzogiorno, per esempio, io la osservo dormire, le preparo la colazione, leggo, navigo in internet aspettando il suo risveglio.

Incastro sempre le mie cose e i miei tempi con i suoi. Eppure arriva a dirmi che io dormo troppo e che io sono sempre stanco.

Proietta le sue debolezze su di me. I suoi comportamenti e le sue mancanze diventano le mie. Un gioco così abile e perverso di manipolazione che alla fine credo di essere realmente in torto fino a chiedere scusa.

Un mese fa la lascio.

L’intossicazione ancora c’è. Sto lavorando molto su di me, sulla mia dipendenza.

Sto cercando di capire da dove sia arrivata perché è la prima volta che mi succede e di capire quale mio bisogno nascosto abbia cercato di compensare.

Sto riflettendo molto, con occhi diversi, su tutto ciò che mi è successo durante questa relazione e sui suoi comportamenti.

Sto cercando di osservare il tutto da un punto di vista differente, esterno. E tutto sta assumento altri significati, prima completamente ignorati e ora, invece, sorprendentemente chiari.

La mia dipendenza è ancora lì, anche se piano piano, sento che svanisce.

È una sensazione quasi fisica e che mi lascia spaesato.

Come quando ti tagli i capelli in modo molto diverso da prima e ci devi fare l’abitudine.

Il percorso è lungo e difficile ma possibile. Fino alla prossima dipendenza. Sì, perché penso che sia naturale una sorta di dipendenza in qualsiasi relazione, quello che non è naturale è che questa venga sfruttata dal partner in modo malato.

L’amore è dipendenza. L’amore sano ti crea dipendenza sana, quella dipendenza per cui uno sta bene con se stesso e meglio ancora con l’altro. È l’amore malato che ti crea assuefazione nevrotica, di quelle che sei sempre all’erta su cosa sta succedendo, in ansia perenne, che ti distruggono l’autostima e ti fanno dormire male la notte e svegliarti con il cipiglio la mattina. È da questa dipendenza che dobbiamo avere le palle di fuggire. P.

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