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  • Nadia Nunzi

Gioia - Spazio Libero -


Gioia magazine. La mia storia di violenza e rinascita.

«I suoi occhi erano un profondissimo lago capace, ogni volta, di annegarmi.

Ogni volta che lo guardavo, che lo soffrivo, che lo amavo. Che lo subivo.

Lui tutte queste cose le sapeva perfettamente. Le aveva viste in me sin dal primo attimo, dal primo sguardo e anche dal primo sorriso. E per questo si era avvicinato e mi aveva scelta.

Nell’insicurezza della mia anima nuda aveva trovato i suoi punti di forza e tutto il resto era stato un dissacrante gioco arduo e mascherato.

Una rosa rossa, brillante e recisa, il suo biglietto da visita. Il primo gesto di un corteggiamento sottile, affilato come una spada lucida e ingannevole come il suo luccichio.

Era bellissimo e avvenente. Un vero manipolatore.

Mi ha detto: «vieni» e io l’ho seguito ingenua nella tana. Poi la mia vita è cambiata per sempre.

Mi dava l’amore che bramavo assettata da troppo tempo e la voragine che avevo dentro, magicamente, la riempiva. Ma chiedeva in cambio tutta la mia essenza, la mia intera e giovane vita.

Così ha iniziato a coprirmi, a imbruttirmi, ad ammanettarmi alla sua gabbia ogni giorno, per non farmi scappare.

Quando mi slegava però, tornava a essere di miele, e con nettare e linfa, mi addolciva e mi nutriva. Decisamente mi addomesticava, abilmente pronto a distruggermi. E allora mi piegavo e, con gli occhi grandi e languidi da bambina indifesa, subito gli ridavo i polsi.

«Io e te anche in mezzo a una strada» mi ha sussurrato all’orecchio prima del grande salto. Forse mi aveva vista tremare. Aveva percepito in me la paura dell’errore e non poteva permettersi di farmi andare via. Dove invece avrei dovuto.

L’ho guardato da sotto una frangetta liscia e perfetta, inclinando la testa all’indietro, poi gli ho sorriso e mi son ritrovata di nuovo persa nel suo magnetismo inspiegabile.

Dopo lo scambio dei nostri «si» la negazione della mia libertà è diventata quotidiana e le urla e i pugni sulle porte, le sue migliori armi per possedermi.

Avrebbe voluto che fosse stato per sempre ma nulla è eterno se non permettiamo che lo sia. E allora una notte ho scritto «basta», in silenzio, dentro la mia anima, ma in realtà lo stavo urlando a tutti: a me, a lui, alle persone che sapevano ma che facevano finta di non sentire.

Non c’è nessuno che valga più della nostra vita. Ora lo so.

Guardo fuori dalla finestra e scorgo il sole morente, prima che faccia buio.

Una distesa arancione di chiaroscuri mi riporta indietro.

Il mare è lontano ma nemmeno troppo, e conserva con sé i ricordi di quel tempo andato, che non tornerà.

Arrivo con la mente fino alla camera dove dormiva la bambina che sono stata, la rivedo e le sorrido. Mi avvicino al letto, scosto le coperte calde, poi la stringo e le dico che mai più la lascerò smarrire.

Sono viva. E nel frattempo sono anche diventata Donna.

Una rosa dai petali secchi e fragili se ne sta intrappolata dentro a una cornice, e la scorgo spenta dietro un vetro di polvere.

È solo un promemoria, non più un palpito del cuore. E se mi volto, sulle spalle mi sembra persino di scorgere le ali». #violenzaerinascita

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