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  • Nadia Nunzi

L'inganno del 'principe'


Storie vere, Nadia Nunzi.

Mi chiamo G., riassumere in poche righe la mia storia è difficile ma ci proverò.

Sette anni fa conobbi il mio principe.

Ero appena uscita da una separazione molto dolorosa quando lui varcò la porta del negozio dove lavoravo e fu amore a prima vista.

Lui mi corteggiava tantissimo: fiori, attenzioni e accettava (fingeva) il mio passato e mia figlia.

Una volta certo del mio amore verso di lui, iniziò a isolarmi dal mondo: niente più amiche, nessuno svago, non mi permetteva di prendere la patente, fingeva di subire aggressioni da parte del mio ex marito per creare discussioni… fino a quando mi costrinse a licenziarmi a seguito di un’ennesima scenata di gelosia nei confronti del mio titolare.

All’epoca giustificavo questi atteggiamenti come dimostrazione d’amore.

Diceva di aver problemi familiari, desiderava una famiglia serena, mi amava alla follia ma quando scoprì di essere incinta iniziò a dettare leggi. Ricordo che quando partorì sua figlia, era assente, distaccato e pure in quel momento pensavo: «È colpa mia che dal dolore piango» così non piangevo e non urlavo nella speranza che mi stesse vicino.

La convivenza segnò l’inizio del mio inferno.

Pensavo che l’inferno esistesse solo dopo la morte ma in quel periodo l’ho vissuto sulla Terra.

Vorrei raccontare un momento bello ma ora proprio non lo ricordo.

Ricordo solo le sue aggressioni, la sua cattiveria perché ha minacciato non solo me ma anche una bambina, il suo sguardo pieno di disprezzo e la mia autostima sotto terra.

Mi convinse che non valevo nulla.

«Non sei nessuno, ti toglierò i figli. Nessun giudice ti crederà perché sei separata», diceva. Per paura subivo.

A seguito di un episodio molto grave - attualmente parte dell’indagine in atto - capii che ero in pericolo, ma la cosa che iniziò a spaventarmi di più era che dopo l‘ira tornava subito calmo.

Avevo paura! La sera dormiva in un'altra stanza e non potendo chiudere la porta a chiave restavo sveglia terrorizzata. Piangevo ogni notte di nascosto, mi domandavo: «Qual è la mia colpa?»

Annullai la mia personalità.

Mi sottomettevo a ogni offesa ma non bastava.

Sentivo che in uno dei suoi scatti d‘ira mi avrebbe ammazzata. Ne ero certa, così registrai alcune conversazioni che mi inviai tramite mail per tutelarmi (almeno se mi ammazza sanno chi l’ha fatto, mi dicevo).

Dopo le discussioni, MANIPOLAVA la realtà, ma con le registrazioni iniziai a comprendere che non ero io che capivo male, la verità era diversa da ciò che lui descriveva. Eppure non riuscivo a staccarmi.

Mi illudevo che sarebbe cambiato.

Una volta, dopo un episodio, vennero i carabinieri che mi obbligarono a denunciare, un’infermiera mi fissò un colloquio con una psicologa e ricordo ancora le sue parole:

«Aspetti che ti uccida? Ti assicuro che mentre tu stai a giustificarlo lui sta pensando a come rovinarti!»

La molla che ha fatto scattare tutto fu mia figlia. Dopo una discussione, dove lui mi aggredì verbalmente, aveva le mani in testa e piangeva: «Mamma ti prego andiamo via!»

Sentiva le sue urla anche dopo che era andato via.

Quella sera presi un borsone rosso con qualche indumento e andai via ripensando al colloquio fatto con l’operatrice del centro antiviolenza. Capii finalmente che mi aveva mancato di rispetto e che io e le mie bimbe stando con lui eravamo in pericolo.

Sono susseguiti mesi di stalking, periodi amorevoli, periodi non amorevoli, un suo pseudo suicidio, tentò anche di allearsi di togliermi mia figlia rivolgendosi al mio ex… con il tempo seppi tante cose che mi teneva nascoste come a esempio che mi tradiva.

Avevo gli incubi. Di notte sognavo il suo volto e poi vomitavo.

Così mi feci coraggio e chiesi aiuto al centro antiviolenza.

Iniziai un percorso dove ho capito davvero tante cose. Ho riacquistato stima in me stessa capendo che non dovevo vergognarmi io di tutto ma lui e non poteva togliermi la bimba perché nessun giudice toglie i figli a una mamma.

Subentrarono i servizi sociali ancora oggi non so da chi è partita la segnalazione perché lui mi ricattava: «Io ho messo i sociali ed io ho il potere di togliertela, la rinchiuderò in una casa famiglia così stara lontano da te».

Comunque il loro cercare di risolvere la cosa peggiorò tutto, mi ritrovai a rispettare una sorta di accordo stipulato dall’assistente sociale non omologato dal giudice solo ed esclusivamente per accontentarlo tenendolo a bada. L’ assistente sociale propose ai suoi di assumersi la responsabilità ma vennero meno.

Il mio ex si mostrava vittima quando ancora oggi la vittima della situazione è mia figlia!

L’assistente sociale cercava di giustificarlo dicendo: «È arrabbiato» ma credo che nessun padre arrabbiato voglia sua figlia in una casa famiglia! Comunque il tempo mi ha dato ragione. La stessa, monitorando, non ha potuto negare la realtà dei fatti ovvero che sono una brava mamma e gli errori altrui.

Colgo l’occasione proprio per mandare un messaggio a tutte le donne che hanno paura degli assistenti sociali.

NON abbiate paura! Se siete brave mamme non vi porteranno via i vostri bimbi.

È vero vengono a casa ma se la casa è in ordine, pulita, amate i vostri bimbi, nel vostro piccolo non fate mancare nulla NESSUNO vi porterà via i figli!

Il famoso 403 (allontanamento del minore) NON può esser fatto se non ci sono fatti gravi quindi non abbiate paura!

Mi sono rivolta ad avvocati specializzati nel settore, ovvero un avvocato minorile, penalista, poiché dal tribunale è stata chiesta una consulenza tecnica. Persone preparate e umane!

Il giudice non ha avuto pregiudizi (come lui mi diceva) anzi, a seguito dei messaggi degli atti presentati, ha indagato.

Per chi vuole sapere in cosa consiste la consulenza: una psicologa fa diversi incontri, nei primi ognuno racconta la propria storia poi le parti si incontrano per confrontarsi. Ci sono: una somministrazione di test, incontri con la bimba e infine un incontro conclusivo dove la stessa illustra le sue conclusioni. Il mio ex ha apertamente dichiarato che uno dei test è scaricabile da internet quindi vi lascio immaginare la veridicità delle sue risposte. Durante la consulenza si è dimostrato per ciò che è: freddo e aggressivo.

Ricordo che la bimba piangeva, io ascoltavo la psicologa e lui, essendo in giacca e cravatta, non poteva sgualcirsi il vestito e non la calmò. Infatti dovetti intervenire io, ma appena entrai disse che la colpa era mia e delle istituzioni (giudice compreso).

Dopo aver fatto un percorso personale - prima con l’aiuto della psicologa, poi riflettendo molto su di me - mentre ci confrontavamo, mi tornava in mente la frase tu non mi meriti ascoltando le sue cattiverie ma rivedendo i suoi occhi cattivi ho pensato:

«Caro mio, sei tu a non meritare me».

Il fatto che non lo tema più, lo ha indebolito molto quindi NON abbiate paura di esser voi stesse, non abbiate paura di difendere i vostri pensieri, i vostri valori.

La Ctu ha consigliato a lui percorsi individuali e visite protette e sono in attesa della sentenza.

Ogni consulente ha fatto la sua diagnosi ma secondo me, per come l’ ho vissuto, si tratta di disturbo bordeline.

Dal punto di vista penale non ho avuto ancora la possibilità di riprendermi le mie cose. Lui è rimasto in casa e pretende che paghi parte del mutuo mentre lui ci vive e preciso non mi permette di riprendermi le cose mie e delle mie bimbe.

Sto facendo delle udienze preliminari e addirittura non accettava la notifica (assurdo!)

Gli interrogatori sono tosti ma alla fine quando uno dice la verità non deve aver paura, infatti spero e mi auguro che la giustizia per quanto sia lenta, con il tempo mi dia dei frutti.

Sono disposta anche a far un accordo per evitare soldi inutili che possono esser spesi per la bambina.

Durante il processo ha calunniato anche la mia famiglia facendo accuse pesanti ma la verità pian piano sta emergendo.

Per esperienza personale posso dirvi di non vivere odiando il vostro ex partner ma cercate di pensare a VOI STESSE, a ciò che vi fa stare bene.

La sera, nel letto, loro sono persone sole, chiuse nel loro odio e rancore, mentre voi al vostro fianco avete i vostri figli e in quel momento siete le donne più ricche del mondo.

Capitano anche a me giorni bui dove ho paura di non farcela a sopportare tanto stress, ho paura pensando a cosa aspetterà a mia figlia, ho paura di non riuscire a coprire le spese perché purtroppo non riesco a trovare lavoro (a seguito delle sue scenate ormai memorabili nei negozi del quartiere).

Ho paura di non farcela ma mi asciugo le lacrime e sorrido perché ora sono LIBERA.

Finalmente sono libera di essere me stessa: vestirmi, cantare, parlare a telefono con le amiche. Sono LIBERA! È vero a volte ho paura, mi dico: «Se un giorno mi ammazza?» però la paura li rende forti quindi mi rimbocco le maniche.

Mia figlia sta bene, cresce serena e nessuno me l’ha portata via perché mi sono rivolta a professionisti che hanno creduto nella mia storia e che l’hanno considerata una bambina e non una cliente che porta soldi.

È una bambina dolcissima anche se ha il suo carattere. Il suo papà è assente, non le ha neanche fatto gli auguri di compleanno ma ha tante persone che le vogliono bene e una mamma che muore per lei.

Le istituzioni devono aver il coraggio di dire la verità senza rimandare il problema perché non sarà un percorso psicologico a insegnare a un uomo a voler bene al proprio figlio.

Il mio piacere è che mia figlia non soffra e avrei voluto non vivere tante cose brutte. Un soggetto bordeline, secondo quanto ho letto, non può curarsi ma solo tramite psicofarmaci tenere a bada l’aggressività.

Il percorso è utile se si pente di ciò che ha fatto visto che sta ancora fantasticando su come distruggermi usando qualsiasi mezzo. L’ideale sarebbe creare un tribunale che si occupi di maltrattamenti.

Inoltre la violenza psicologica non è una violenza di serie B perché, parole, sguardi, gesti… rimangono nella mente. In questo tribunale, secondo me, occorrerebbe mettere persone sensibili al problema che aiutino concretamente riducendo i tempi.

Un poliziotto mi disse che molte donne usano le denunce per portare via i figli al partner.

È molto brutta come cosa perché determinati atteggiamenti fanno perdere tempo alle istituzioni che potrebbero aiutare donne in situazioni peggiori.

Denunciate ogni tipo di violenza!

Non fate come me che omettevo tutto.

Omettere non aiuta neanche i vostri bimbi. Amateli! ©Nadia Nunzi

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