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  • Nadia Nunzi

Eppure mi fidavo


Dissonanza cognitiva

Questa è la mia storia.

Ho conosciuto lui tramite il lavoro. Era il mio geometra. Mi ha conquistato da subito con la fiducia. Lo vedevo come una brava persona, un uomo di cui fidarsi nel lavoro, che se poteva dare una mano o un buon consiglio lo faceva. Si è presentato come una persona con degli affetti sinceri (amici, sorella), quindi apparentemente sensibile e per me perfetto.

Ha iniziato con i corteggiamenti esagerati dimostrandomi di piacergli tanto. Era molto preso ma diceva di avere paura di impegnarsi. Nonostante questo sosteneva di non poter fare a meno di me.

Quattro anni di tira e molla dove spesso mi teneva in panchina.

Mi desiderava ma puntualmente scappava. Io aspettavo che si sbloccasse, poi mi ha presentato sua sorella come per dimostrarmi di tenere a me e che potevamo costruire qualcosa di serio insieme. Invece subito dopo di nuovo il silenzio.

Andava e tornava. Parlava di matrimonio e figli, poi spariva. E io aspettavo.

Una cosa insolita era che evitava di avere rapporti intimi e questo mi portava a realizzare che si trattasse di una relazione insana e dal quale allontanarmi. Ma appena lo facevo ecco che trovava il modo di riagganciarmi e riportarmi indietro.

Mi fidavo di lui. Nonostante le sue stranezze mi appariva come una brava persona.

Il colpo mi è arrivato dopo quattro anni di questa frustrazione emotiva, sentimentale, sessuale, quando ho scoperto che era fidanzato. In pratica aveva una relazione stabile con un’altra ma non voleva rinunciare a me. Gli piaceva questo mio ruolo di amante segreta (amante insolita direi, vista l’assenza di rapporti intimi). Comunque il suo fine era quello di avermi sotto il suo controllo.

Io, però, a quel punto mi sono opposta, gli ho augurato tanta felicità e me ne sono andata.

Con il tempo, osservandolo a distanza ho capito che tutti i suoi rapporti erano malati. A un certo punto ha svalutato e poi scartato la sorella, così come anche gli ex colleghi di lavori e gli amici. Un castello in aria ben costruito. Il suo intento miei confronti era quello di tenermi in sospeso, non iniziare mai veramente la relazione ma nemmeno chiuderla. Ho scoperto che ne aveva altre di relazioni simili lasciate appese a un filo, così per un suo gusto perverso di usare le persone a suo comodo.

Quando ci si trova in situazioni ambigue l’unica cosa da fare è chiudere tutto e scappare. In seguito ho dovuto combattere con la dissonanza cognitiva che mi confondeva e ho dovuto lavorare molto su me stessa per capire e uscirne. Ci sono voluti mesi e tanta forza, una forza che auguro a tutte di trovare.

Per me è stato di rilevante aiuto parlare con un professionista che mi ha fatto capire il tipo di individuo con cui ho avuto a che fare, un individuo con dei seri disturbi. Mi ha fatto capire che il primo passo era riconoscere questo perché trattare un manipolatore, un narcisista o uno psicopatico come una persona “normale” non ti da modo di liberarti della sua maledizione. La loro visione del mondo e delle relazioni è distorta e non tali relazioni non si possono rapportare a quelle comuni. È stato per me molto utile leggere dei libri sull'argomento che ho trovato illuminanti e mi hanno aiutata molto a capire certi comportamenti e soprattutto chi era lui: un narcisista cerebrale, ovvero uno di quelli che non fa sesso se non costretto. La perversità di questo tipo di soggetti sta nel tenere legate a sé le donne creando in loro uno stato di frustrazione perenne, appunto negandosi loro sessualmente.

Capire questo è stato sconcertante ma al contempo importantissimo e ciò che mi sento di dire ad altre donne è di non sottovalutare questo aspetto: un campanello di allarme molto forte che segnala un soggetto disturbato.

Il percorso di guarigione non è mai facile ma è possibile e può portare verso la luce, fuori dal tunnel. Ci sono voluti mesi per elaborare tutto e in quel tempo ho anche compreso le vulnerabilità che mi hanno portata dritta nella trappola. Da lì in poi pian piano ho ripreso in mano la mia vita. Il “No contact” per me è stato graduale, inizialmente lo controllavo costantemente sui social, poi sempre di meno e alla fine sono riuscita a bloccarlo. Oggi sono una persona diversa, più forte e di sicuro con una consapevolezza in più verso me stessa e verso quel tipo di soggetti e disturbi che prima non avevo la benché minima idea esistessero. Ciò che mi sento di dire ad altre donne è di capire bene chi hanno davanti e ai primi disagi rompere i contatti. Se si finisce comunque nell’inganno è importante non colpevolizzarsi e accettare la realtà dei fatti, seppur decisamente sconvolgente. C.


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