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  • Nadia Nunzi

L'inganno di certe carezze


Storie di donne, Bambina

Non è semplice riassumere la mia storia perché non ho subìto solo una violenza da parte di un uomo ma diverse e da parte di almeno tre.

Non è semplice tornare indietro e non lo sarà mai perché tutto quello che vorrei è dimenticare.

La mia vita inizia così:

vengo molestata sessualmente a sette anni sia da un vicino di casa, che da un parente. Richieste di carezze equivoche e mani addosso.

Nessuno ne è a conoscenza. Io sento che è una situazione non normale ma non capisco, a sette anni non so ancora cosa significhi il sesso, specialmente a quei tempi.

A undici ho la prima mestruazione. Quando vedo la macchia rossa sugli slip, non corro da mia madre per dirglielo ma penso: «Ora se qualcuno mi violenta rischio di rimanere incinta».

Andando avanti tra alti e bassi arrivo a sedici anni.

Sono a una festa, c’è un ragazzo bellissimo che mi corteggia, ne resto affascinata, anche se nel suo sguardo c’è qualcosa di strano, è comunque intrigante.

È dolce, gentile, misterioso, silenzioso.

Ogni tanto lo incontro nei giardini di quello che diventa il nostro ritrovo e parliamo, poi gli permetto di venirmi a prendere a scuola.

Le mie amiche mi dicono di essere invidiose e che io sono scema a non accettare il suo corteggiamento perché piace a tante e lui cerca me. Ma io sono timida, ancora vergine e assolutamente non pronta a un rapporto, così evito di vederlo da sola.

A giugno del 1991, mentre sono da mia nonna, mi chiede se possiamo vederci ma non ai soliti giardini. Vuole passeggiare in centro, nella città dove abito.

Ha sempre rispettato la mia timidezza ed è sempre stato gentile, così accetto. In fondo si tratta solo di una passeggiata in mezzo ad altre persone.

Così penso. Invece è l’inizio di un calvario.

Con un scusa mi fa salire in macchina, mi costringe a seguirlo in un luogo isolato, poi mi chiude a chiave e mi stupra dicendo che tanto, anche urlando, lì non mi sente nessuno.

Non urlo, aspetto solo la fine di quella giornata.

Mi obbliga a tenere addosso, sul mio corpo, il suo odore e mi vieta di lavarmi.

A casa nessuno sa niente. Nessuno sospetta che sono in pericolo.

Cerco di liberarmi ma non urlo perché temo il peggio.

Lui aspetta la sera, poi mi mette su un autobus e mi rimanda a casa.

Per tutto il tragitto mi sento osservata, sporca, violata. E vorrei solo scomparire.

Quando rientro non dico nulla a nessuno, mi chiudo in bagno e resto sotto la doccia per ore cercando di lavare qualcosa che invece da me non se ne andrà mai. Poi vado a dormire.

Dei giorni dopo non ricordo più nulla. So solo che lui mi cerca ancora, mi segue, mi urla di salire in macchina. È totalmente ossessionato da me.

Io mi chiudo in casa, con la scusa del caldo, e resto al buio per un mese intero, finché i miei preoccupati non mi forzano a uscire. Ma lui continua a perseguitarmi.

Il senso di vergogna è talmente forte che riesco a denunciare e raccontare l’accaduto solo un anno dopo.

Ma non sono libera dalla violenza. È un mostro che mi insegue.

La successiva ossessione arriva da un parente che perde la testa per me, al punto tale di voler lasciare moglie e figlie.

Contro il volere della mia famiglia decido di trasferirmi in un’altra città, trovo lavoro e mi stabilizzo lontana da tutto/i.

In questa mia nuova vita incontro un uomo più grande di me, di quindici anni.

Le cose sembrano finalmente andare per il verso giusto e io a sentirmi la sua regina ma come una condanna la violenza torna ancora e, in un momento di gelosia eccessiva da parte sua, mi ritrovo con le sue mani strette al collo.

Rischio di soffocare e riesco a liberarmi e a scappare solo fingendo di voler giocare a qualcosa di estremo. Lui ci casca e io me ne vado.

Lascio il lavoro e mi trasferisco di nuovo nella mia città, continuando a essere perseguitata.

La violenza sembra rincorrermi ed è inevitabile che mi ammali di depressione cronica tentando il suicidio più volte. Il percorso di guarigione è lungo e costante.

Oggi comunque posso dire di sentirmi meglio e spero di riprendermi tutto ciò che mi è stato negato: una vita serena, dignitosa e fatta principalmente di amore.

Non è facile scrollarsi di dosso tutto il male ricevuto, perché è stato troppo e tutto insieme. Troppo e da troppe persone. Anche le più insospettabili.

Mi sento comunque di dire alle altre donne di farsi coraggio, perché, nonostante tutto e, forse anche per queste esperienze, un giorno saremo più forti e speciali. Y.

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